Per cominciare a guarire, dite la verità sulla vostra ferita, e così avrete una visione veritiera del rimedio cui ricorrere. Non buttate nel vuoto tanto per riempirlo, le cose più facili o disponibili. Adottate la medicina giusta. La riconoscerete perchè rende la vita più forte e non più debole.
Piangevo a letto. A volte urlavo per mezz’ora. Chiamavo papà.
Le volte che arrivava ero contentissima. Si metteva di fianco a me e mi dava la mano ed io mi addormentavo beatamente; non riuscivo a prendere sonno senza qualcuno con me. Stavo sveglia a pensare, ad aspettare che arrivasse senza che lo chiamassi.
Ma le volte che lo chiamavo e non rispondeva, quando faceva finta di non sentirmi, perché si era rotto e voleva stare per i cavoli suoi…quelle volte soffrivo di solitudine, quella solitudine orribile che provano i bambini, quel male inconsolabile di quando un genitore fa finta che tu non ci sia. Quella è una delle prime forme di solitudine, quella che ti fa mettere in discussione l’amore che un genitore prova per te.
Allora ho iniziato a chiedergli se mi voleva bene. Quanto mi voleva bene, volevo una misura tangibile.
“Papà quanto mi vuoi bene da qui alla luna?”
E la risposta era sempre “Infinito”. Poco misurabile come lunghezza.
Così ho iniziato a chiederlo a tutti.
Ma tu mi vuoi bene?
Non c’è bisogno di un luminare della psicologia infantile per capire il mio problema fin da piccola.
La paura dell’abbandono, del non avere persone che tengono a te. Costante bisogno di attenzioni e sicurezze. Crescere così non è stato facile. L’insicurezza in me stessa va di conseguenza.
Costante bisogno di attenzioni prima dai bambini, poi dagli uomini. Giocavo solo con maschietti, volevo assomigliarli il più possibile. Volevo essere un maschio come papà. Figurine panini, calcetto, biglie, pista delle macchinine…tutto per omologarmi al gruppo.
Problema nell’adolescenza: lo sviluppo. Catapultata in un mondo di donne.
Che dire delle donne…mia madre. Figura che richiederebbe un altro capitolo. Ma non voglio mettere troppa carne al fuoco. Parlavo del rapporto con il padre.
Solo in tarda adolescenza ho iniziato a metterlo in discussione. Prima avevo sempre pensato che mio padre fosse l’eroe della mia vita, nessuno era meglio di lui. Poi ho iniziato a dubitarne. Guardavo mia madre e passavo dall’odiarla all’intenerirmi e mio padre dal pensarlo eroe al vederlo umano.
E piano piano ho capito che potevo staccarmene. Non l’ho più cercato, piano piano ho smesso di confidarmi, ho smesso di vedere in lui un aiuto.
Anche lui mi ha allontanato. Mia madre, ingelosita dal nostro rapporto, lo ha aiutato.
Quindi ho guardato altrove. Sono passata da una storia all’altra. Nel giro di 10 anni ho avuto 5 relazioni. Tutte con uomini dal cuore buono e generoso, come mio padre. Tutti con le loro bellezze e debolezze, ma simili in fondo.
Ora mio padre lo sento ostile. Stanco. Lontano.
Io mi sento forte, fiera e bella come mai prima d’ora. Oggi mi sento donna.
Prossima azione: riconoscere mio padre, guardarlo negli occhi e presentarmi per quella che sono. Bella, autentica, sincera e felice. Affrontare un uomo, mio padre in questa vita, e fargli sapere che lo amo, che l’ho amato e che lo perdono per essere stato lontano, stanco e ostile nei miei confronti e nei suoi.