Volavo. Volavo in una città volante.
Solo io potevo. Gli altri non volavano come me. Potevano usare solo dei mezzi volanti, come macchina, metro, treni, biciclette. Io volavo e andavo dove volevo. Non avevo strade o binari. Ero libera di svolazzare dove più mi piaceva.
C’era il fortunadrago della Storia Infinita che portava in giro le persone e di tanto in tanto se ne mangiava qualcuna. C’erano degli alberi da frutto che crescevano sospesi in aria, con dei frutti dolcissimi e brillanti.
Dovevo cercare una persona che era stata arrestata. Era mia amica e dovevo liberarla. Così entro nella caserma della polizia, un enorme sala di attesa. Mi rendo subito conto che sono io quell’amica, sono io che vogliono prendere. La legge vieta di volare liberi senza strade o binari.
Cerco una via d’uscita, ma la caserma aveva il soffitto sempre più basso è così che un poliziotto riesce a prendermi la gamba e mi tira giù. Fortunatamente gli scivolo all’ultimo e volo via. Che paura! Cosa vogliono da me? Perchè non posso volare in santa pace? Dò forse fastidio a qualcuno?
Sono stanca, finalmente posso riposarmi e tocco terra. Mi accorgo che non riesco più a volare. Mi alzo di poco, ma non come prima, sempre di meno. Finisco anche io con il prendere la metro in una galleria affollata, aspettando alla banchina. Entro, mi siedo, sono triste. Chissà quando riuscirò a rispiegare le ali e spiccare il volo.
